La seguente lettura è tratta da: La filosofia medievale, A. De Libera, Bologna, Il Mulino 1991, p. 15:
«Il medioevo occidentale è giunto a conoscere solo tardivamente l'opera completa di Aristotele e ha praticamente ignorato tutto di Platone. Il grande testo platonico medioevale è il frammento del Timeo (17a-53c) tradotto e commentato nel IV secolo d.C. dal cristiano e neoplatonico Calcidio. Le traduzione del Menone e del Fedone dell'italiano Enrico Aristippo (ca. 1156) non hanno avuto che un'influenza marginale. La traduzione latina del commento di Proclo al Parmenide a opera di Guglielmo di Moerbeke, non sembra essere stata utilizzata prima di Bertoldo di Moosburg (ca. 1350); in seguito, venne usata soprattutto da Niccolò da Cusa (ca. 1460).
La recezione di Aristotele si compie in tre fasi [Dod 1982]. Fino agli anni 1150-1160 i medioevali conoscono soltanto una minima parte della sua opera logica; le Categorie e il De interpretatione, integrati dall'Isagoge di Porfirio, costituiscono quella che viene denominata logica vetus - laddove le monografie logiche di Boezio sostituiscono le parti mancanti dell'Organon. È solamente verso la fine del XII e l'inizio del XIII secolo che risulta in circolazione il complesso dell'opera aristotelica: innanzitutto le rimanenti parti dell'Organon, nelle traduzioni di Boezio (Analitici primi, Topici, Elenchi sofistici) e di Giacomo da Venezia (Analitici secondi, ca 1125-1150) - ovvero la cosiddetta logica nova - e poi i libri naturales, cioè, principalmente, la Fisica, il De anima, il De caelo e la Metafisica.»
Il testo è consultabile presso la Biblioteca del Seminario, alle norme di Regolamento.
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