giovedì 14 gennaio 2021

Cristina Campo sui Padri del deserto

 


La scrittrice bolognese Vittoria Guerrini è nota ai più con lo pseudonimo di Cristina Campo, con il quale firmò una vasta produzione letteraria fatta di poesie, lettere, commenti ai Padri della Chiesa. In questa veste appunto la leggiamo, autrice di una preziosa Introduzione a Detti e fatti dei padri del deserto, libro edito da Rusconi nel lontano 1975.
Così introduce il florilegio:
«I maestri cristiani del deserto fiorirono, esplosero in un attimo che durò tre secoli, dal III al VI dopo Cristo. Da poco Costantino aveva restituito ai cristiani il diritto di esistere, spezzando il dogma di Commodo - Christianoùs me éinai, i cristiani non siano -, e sottratto con dolcezza la giovane religione al terreno meravigliosamente umido del martirio, alla stagionatura incomparabile delle catacombe. Questo significava, evidentemente, consegnarla a quel mortale pericolo che rimase tale per diciotto secoli: l'accordo col mondo. Mentre i cristiani di Alessandria, di Costantinopoli, di Roma, rientravano nella normalità dei giorni e dei diritti, alcuni asceti atterriti da quel possibile accordo, ne uscivano correndo, affondavano nei deserti di Scete e di Nitria, di Palestina e di Siria. Affondavano nel radicale silenzio che solo alcuni loro detti avrebbero solcato, bolidi infuocati in un cielo insondabile. In realtà, la maggior parte di quei detti fu pronunciata per non rivelar nulla, così come la vita di quegli uomini volle essere tutta quanta la vita di «un uomo che non esiste» («si diceva degli Scetioti che se taluno sorprendeva la loro pratica, vale a dire arrivava a conoscerla, essi non la tenevano più per una virtù ma per un peccato»).
I detti e i fatti dei Padri - lógoi kaì erga, verba et dicta - furono raccolti in ogni tempo con estrema pietà perchè, appunto, erano quasi sempre noci durissime, inscalfibili, da portare su di sé tutta la vita, da schiacciare tra i denti, come nelle fiabe, nell'attimo dell'estremo pericolo, e inoltre i Padri rifiutavano per lo più recisamente di scrivere. Furono raccolti in pergamene: greche, copte, armene, siriache. In quelle pergamene non furono perpetuati soltanto gli oracoli e i portenti dei Padri e dei loro discepoli, ma anche quelli di certi incogniti secolari che praticavano segretamente i loro precetti e, nascosti in quelle metropoli che i Padri abominavano, fuorono qualche volta maestri ai loro maestri»

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