lunedì 14 giugno 2021

Stare al margine, Gabriella Caramore

"Uomini e profeti" non è solo il titolo di una fortunata trasmissione di cultura religiosa trasmessa da Rai Radio 3. È pure il titolo di una collana editoriale di Morcelliana, uscita nella prima decade degli anni 2000. La dirigeva Gabriella Caramore, che tra il 1993 e il 2018 condusse l'omonimo programma radiofonico.

Leggiamo un breve passo da La fatica della luce, edito da Morcelliana nel 2008. Poche parole che aprono il primo capitolo, Il luogo fecondo.

«Ho sempre avuto una particolare predilezione per l'idea del confine. Forse questo accade a tutte le persone che non si trovano perfettamente a proprio agio nel mondo e nel tempo stesso in cui vivono, e auspicano che, sempre, vi possa essere una via di fuga, un altro luogo in cui andare, un altro tempo in cui vivere. Forse accade anche - di amare il confine - a chi non si trova a proprio agio nemmeno in se stesso, e può sempre sognare che, in un altro luogo e in un altro tempo, la sua vita potrebbe subire una accelerazione di senso. Ma il confine non  è solo la figura di una via di fuga per sognatori malinconici. È anche un luogo di sfida, una modalità di conoscenza del mondo, di incremento d'essere. Ed è questo, credo, che mi attira di più nell'idea del confine: la sua mobilità, le innumeravoli variazioni di cui è suscettibile. Mutevole come un orizzonte scrutato da punti prospettici ogni volta diversi, la figura del confine ci chiede di essere assiduamente indagata. Tanto più oggi, che i suoi tratti sembrano insistentemente sfuggirci, sotto l'onda di una geografia in movimento che ridisegna di continuo le mappe delle nazioni, delle immense periferie urbane che inghiottono i centri, e dei grandi meccanismi simbolici di inclusione e esclusione in costante smottamento.
Molteplici sono i suoi profili. Il confine può delimitare uno spazio del chiuso, della protezione e del riparo: una casa, una città, una appartenenza. Ma poiché dentro la sicurezza può accadere di soffocare, e di eccesso di tutela si può addirittura morire, può nascere, allora, il desiderio di guardare al di fuori, di sognare un lontano, di assaporare sconfinamenti, immaginare alterità. È vero che al di fuori del guscio difeso si possono profilare minacce, pericoli, agguati. Ma anche nuove ricchezze, ebbrezze mai prima conosciute, bellezze mai prima fantasticate. E non è questo - questo miscuglio di attrazione e spavento - che ci assale quando osiamo sporgerci su ciò che non conosciamo? Non è dalla pulsione a protendersi fuori di sé che sono nate tutte le scoperte, da quelle geografiche a quelle del sapere, o anche a quelle dell'amore? Dal protendersi fuori, ma anche dal lasciarsi penetrare: perchè ogni confine, per quanto solido e stabile, ha sempre un varco attraverso il quale passare, o attraverso il quale qualcuno o qualcosa ci può raggiungere».

Il libro è presente negli scaffali della Biblioteca del Seminario, è accessibile al prestito alle modalità di regolamento.

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