(foto tratta dal sito Genius Camping)
L'antico monastero benedettino di Pomposa sorge sull'asse viario della Romea, strada di epoca tardo antica, parallela alla via romana Popilia che collegava l'esarcato con Venezia.
Eventi climatici favorevoli avevano permesso fra il VI e il VII secolo l'insediamento di un gruppo di monaci benedettini provenienti da Ravenna. Recenti emergenze archeologiche (1962) datano il primo nucleo ai primi decenni del secolo VI, in probabile contemporaneità con Santa Maria in Padovetere.
La prima notizia scritta su Pomposa è però dell'anno 874 e riguarda una controversia giurisdizionale tra il Vescovo di Ravenna ed il Papato; in questo diploma papa Giovanni VIII precisa a Ludovico II che il «monasterium sancte Marie in Comaclo quod Pomposia dicitur ... iure proprio retinemus».
Un diploma di Ottone I emesso nel 962 su suggerimento di papa Giovanni XII riconosce il monastero di Pomposa alla diocesi di Comacchio, a probabile prevenzione di pretese avanzate da parte degli arcivescovi di Ravenna.
Nel 982 Ottone II la aggrega a San Salvatore di Pavia, di ambito cluniacense; anche questo potrebbe essere un tentativo di metterla al riparo dalle pretese ravennati. I monaci non sembrano gradire l'abbinamento e fanno ricorso all'arcivescovo di Ravenna. Nel 999 un atto di Ottone III formalizza questa opzione e dona il monastero alla diocesi ravennate.
Gli interessi che polarizzano l'attenzione sul monastero di Pomposa da parte del pontefice, dell'arcivescovo di Ravenna, del vescovo di Comacchio e in parte forse pure dei cluniacensi di Pavia sono da ritenersi in specie legati al nodo fluviale del Volano, principale arteria d'acqua della Padania orientale avanti le rotte di Ficarolo del 1152.
Nel 1001 Ottone III visita Pomposa assieme a san Romualdo e a Bruno di Querfurt, suo cugino nonchè estensore della Vita quinque fratrum eremitarum; l'11 novembre dello stesso anno Pomposa viene dichiarata "Abbazia Imperiale". Questo diploma, oltre a sancire l'indipendenza del monastero, ammoniva tutti coloro che avanzavano pretese su Pomposa: indistintamente ferraresi, ravennati e comacchiesi, e ci dà altresì la misura di quanto fosse cresciuto il potere abbaziale nel delta del Po. Da quel momento lo sviluppo economico e spirituale dell'abbazia di Pomposa procede senza interruzioni; in particolare dopo la nomina ad abate, sostenuta dall'autorevole monaco e già abate Martino, del ravennate Guido degli Strambiati nel 1008, dopo la morte dell'abate Giovanni.
Con l'avvento di san Guido degli Strambiati ad abate di Pomposa (1008-1046) inizia il periodo più fecondo dell'abbazia benedettina: Pomposa rafforza la sua posizione giuridica ed economica, ottiene nuovi privilegi ed immunità, si assicura donazioni e contratti di enfiteusi che renderanno produttiva l'attività agricola e solido il radicamento della popolazione sul vasto territorio dell'insula Pomposiana. Aumenta in modo esponenziale il numero dei monaci, crescono di pari passo donazioni e privilegi, anche nelle limitrofe zone del Veneto e della Romagna; finalmente un diploma di conferma datato 22 giugno 1022 ne sancisce autonomia e autodeterminazione.
Da questo momento la crescita in ricchezza e prestigio dell'abbazia proseguì molto più speditamente e l'abate Guido potè finalmente dedicarsi alla ristrutturazione del monastero e della sua chiesa, di cui celebrò la riconsacrazione il 7 maggio del 1026.
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Bibliografia essenziale:
Mario Salmi, L'abbazia di Pomposa, varie edizioni
Antonio Samaritani, Presenza monastica ed ecclesiale di Pomposa nell'Italia centrosettentrionale. Secoli X-XIV, Ferrara, Corbo 1996
Pio Laghi, San Guido abate di Pomposa, Ferrara, Corbo 2000
Marcello Simoni, Pomposa tra immagine e simbolo; lettura e suggestioni a margine del ciclo biblico trecentesco, Ferrara, Cartografica 2011
Marcello Simoni, Pomposa tra immagine e simbolo; lettura e suggestioni a margine del ciclo biblico trecentesco, Ferrara, Cartografica 2011