martedì 28 agosto 2018

Forma fidei


Nel 2005 il Seminario pubblica il quarto volume della collana La Chiesa di Ferrara-Comacchio tra spirito e arte. Il testo, curato dalla prof.ssa Chiara Toschi Cavaliere, ha per titolo Forma fidei. Tracce per una storia dell'arredo sacro e degli apparati liturgici nella Chiesa di Ferrara-Comacchio.
La casa editrice è ancora Diabasis di Reggio Emilia, numerose le prefazioni: ben due vescovi - il volume uscì proprio nei mesi del "cambio della guardia" tra S.Em. il Card. Carlo Caffarra, vescovo uscente in partenza per Bologna, e mons. Paolo Rabitti che arrivava dalla diocesi di San Marino-Montefeltro; l'allora rettore Patrizio Bianchi, i curatori del progetto editoriale Ranieri Varese e Antonio Samaritani, l'economo del Seminario mons. Bisarello.
Ne proponiamo un breve brano, concernente la chiesa delle origini nelle nostre terre.

"Le prime tracce del Sacro sul territorio corrispondono alla fondazione da parte della Chiesa ravennate della basilica e del monastero di Santa Maria in Padovetere (519-521) mentre si crea il primo nucleo paleocristiano tra il mare e il Volano nei pressi della futura Pomposa, anche se la costituzione di una nuova diocesi suffraganea a Voghenza, attestata da Pier Crisologo, risale al 431. Contemporaneamente al sorgere di castra esarcali come Comacchio, Argenta e Ferrara, tra il VI e il VII secolo, crescono i monasteri di Sant'Alberto - tra Ferrara e Ravenna -, di Cella Volana e, appunto, di Pomposa.
I luoghi sacri delle diocesi di Comacchio, di Voghenza prima e di Ferrara poi, sono in gran parte definiti solo dalle dedicazioni santorali, si trattasse di chiese pievali o monastiche: San Mauro e San Cassiano; Santa Maria, San Giorgio, San Martino, Santo Stefano, San Donato, San Salvatore, Santi Gervasio e Protasio, San Michele, San Pietro, San Vitale, San Bartolo.
Nella penuria di testimonianze locali, al di là dei frequenti fenomeni di reimpiego, la coerenza storico-geografica suggerisce di prendere a paragone alcuni fenomeni paralleli, sia in area veneziana che nella zona dell'esarcato ravennate la cui civiltà lasciò una scia duratura lungo la costa adriatica sino all'ampia cesura naturale del delta del Po; fra l'altro gli storici della liturgia indicano un rito ravennate specifico, così come accadeva a Milano e ad Aquileia.
Si suppone, dopo il VI secolo, la diffusa presenza di un altare unico di tipo fisso, lapideo, di sagoma più o meno cubica e di piccole dimensioni, che corrisponde a una posizione del celebrante rivolto ad oriente secondo le abitudini bizantine"

Il volume è consultabile presso la nostra sede in via Fabbri 410, alle condizioni di regolamento.

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