giovedì 20 dicembre 2018

Sull'iconografia della Trinità




Il volume Padri e figli, catalogo della 15a Mostra Internazionale d'Arte di Illegio, contiene un prezioso contributo di Chiara Guerzi, giovane storica dell'arte ferrarese, dal titolo A margine dell'iconografia del Trono di Grazia tra XIV e XV secolo: qualche esempio di ambito bolognese e ferrarese. Ne leggiamo un brano iniziale, corredandolo con la foto della tavola in oggetto


"Sulla tavola con il Trono di Grazia della Pinacoteca di Ferrara, una delle più famose e commoventi del tardogotico padano, il Dio Padre, ieratico e frontale, seduto su un grande trono marmoreo finemente lavorato e coronato dai tipici fastigi a pigna, regge la croce con il Figlio esanime. Lo sguardo è fisso sullo spettatore. Lo Spirito Santo sotto forma di colomba, oggi identificabile solo grazie a minimi residui della pellicola pittorica, occupava lo spazio tra le teste di protagonisti all'incrocio delle assi della croce: una tra le aree del dipinto che più di tutte ha sofferto per l'attacco di insetti xilofagi, assieme al fondo un tempo dorato. Presente nel museo sin dal momento della sua istituzione nel 1837, vanta una provenienza dal collezionismo ferrarese settecentesco, ma nessun indizio soccorre a stabilire l'ubicazione ab origine di questa pala d'altare di medie dimensioni, che testimonia l'esistenza di un altare dedicato alla Trinità cui il committente, identificato dai due signa entro compasso ai lati del suppedaneo, doveva essere devoto. Alla presenza di questa marca epigrafica iterata, incentrata sulla coesistenza delle due lettere capitali «G» e «Ç» è da imputare la denominazione del pittore che, entro il primo decennio del Quattrocento, assunse l'incarico di tradurre figurativamente il dogma trinitario: il cosiddetto «Maestro G.Z.» (normalizzando in «Z» la C cedigliata che compare in seconda posizione).


La tavola incarna quindi il name-piece del gruppo di opere riferite all'anonimo pittore tardogotico, che oggi si tende ad identificare con il documentato pittore ferrarese Michele di Iacobo Dai Carri; questi, che le fonti dicono artista affermato attorno al 1400 e ancora in vita il 15 febbraio 1440, fu pittore di punta della corte di Nicolò III d'Este (1393-1441), richiestissimo dalle famiglie dello stretto entourage del marchese".

Il resto dell'articolo è consultabile presso la Biblioteca, in via Fabbri 410

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