Nel 1994 uscì per i tipi di Gabriele Corbo un bel volume dedicato al Palazzo Arcivescovile di Ferrara. Curato da Carla Di Francesco e Antonio Samaritani, contiene contributi di Werther Angelini, Enrico Peverada, Angela Pampolini, Antonio Samaritani, Lucio Scardino, Carla Di Francesco, Andrea Faoro, Italo Marzola, Francesco Russo.
Riportiamo qualche riga del contributo di Angela Pampolini, invitando quanti volessero approfondire a venire in biblioteca per consultare l'intero volume.
«Ė noto che l'antica sede episcopale di Ferrara rimase nel primitivo insediamento di San Giorgio Transpadano, nell'isola omonima da cui ebbe origine la città, fino al trasferimento della cattedrale nell'area del Borgo nuovo sulla sponda sinistra del Po.
Prima di trovare sistemazione definitiva di fianco al duomo edificato dal 1135 nel nucleo ancora oggi più animato e vitale del centro urbano, l'abitazione dei vescovi viene temporaneamente ricordata nei pressi della chiesa di Santo Stefano in alcuni documenti (1165-1172) resi noti dallo Scalabrini:
"Pare dall'antiche scritture che i vescovi di Ferrara avessero un palazzo da S. Stefano sin dal 1170 nel quale viene da alcuni rogiti accennata la di loro permanenza nella persona del vescovo Amato l'anno 1172...".
Per le epoche successive troviamo che il corpo di fabbrica dell'episcopio si articolava ad angolo tra la via Gorgadello, oggi degli Adelardi, e la strada di Borgo Leone, attuale corso Martiri della Libertà; il prospetto principale era infatti orientato sul sagrato del duomo, quello secondario sulla piazza verso il castello in prossimità della residenza del Visdomino dei Veneziani.
Anteriormente alla ricostruzione settecentesca patrocinata dal cardinale Tommaso Ruffo, che ne cancellò definitivamente le tracce originarie, il palazzo, "un corpo di fabbrica senza imponenza, senza armonia, senza impronta signorile e pubblica maestà", recava sulla facciata principale sopra il portale maggiore con volta a sesto acuto "di mattoni tagliati a uso gotico", un bassorilievo di terracotta policroma raffigurante san Giorgio e il drago, insieme ad una tavola marmorea con distico in lingua latina.»