lunedì 9 marzo 2020

Torture ed assassinii politici in Ferrara nel 1853


«Ferrara è città tranquillissima per l'indole pacifica e dignitosa de' suoi abitanti, i quali calmi di animo e riflessivi non si abbandonano a sconsigliate ed inutili manifestazioni; ed agiscono solo con maturità di consiglio e profonda convinzione, persistendo risoluti ed energici nell'azione intrapresa. Ferrara, nelle decorse turbolenze non ebbe a deplorare alcun eccesso; tuttochè la grande maggioranza de' suoi cittadini ardesse di patrio amore, e cooperasse vigorosamente ad elevare questa nostra sventurata Italia all'essere di nazione, redimendola dalla dominazione clericale e straniera, può dirsi che nel suo seno fosse veramente consentita la libertà d'opinione, perchè nessun individuo, benchè conosciuto di convinzioni contrarie a quelle del giorno, ebbe a patire o molestie dal governo, o ingiurie dai particolari. Eppure, restaurato appena il governo pontificio, questa città, che nel tempo delle sommosse erasi sempre conservata costante nella sua dignità ed informata de' più nobili sentimenti di morale e di giustizia, ebbe ad essere vittima di una reazione furibonda per parte di quegli stessi che, nella prostrazione del loro partito, vi ebbero un asilo tranquillo e rispettato».

L'Autore di questo breve pamphlet, consultabile presso la nostra sede quando sarà nuovamente reso possibile l'ingresso al pubblico, non è indicato nelle note di copertina ma è comunque identificato in Carlo Balboni, patriota ferrarese (1827-1873). Tra le carte di Adelaide Ristori, consultabili al sito Risorgimento, si legge un frammento di una missiva a lui indirizzata:
"Parigi, 6 giugno 1861.
Caro Carlo, 
la morte del Conte di Cavour ci ha piombati nel più grande dolore! e siamo incapaci di concepirne un'idea! Dio! Che disgrazia tremenda! Noi metteremo il lutto come amici di quel grande uomo e come parte di quella famiglia ch'egli da padre ha redenta, facendola nazione"

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