venerdì 19 aprile 2019

Et inclinato capite, emisit spiritum (Gv 19,30)


«A partire dal Duecento l'iconografia cambia, anche perchè si diffonde l'eresia catara, secondo la quale la morte di Gesù fu solo apparente e non reale, come la nascita e la vita stessa. Per contrastare queste posizioni teologiche eterodosse, il Cristo iniziò ad avere una corporatura imponente, con possente muscolatura, il corpo inarcuato oltre misura per sottolinearne, nell'abbandono delle forze dopo essere spirato, tutta la pesantezza, perchè completamete senza vita; gli occhi sono chiusi e il sangue esce dalle ferite, come si vede ad esempio nel Crocifisso di Giunta Pisano conservato nella chiesa di San Domenico di Bologna. E proprio francescani e domenicani si servono, nella loro predicazione per contrastare l'eresia catara, anche di questa iconografia».

L'intero articolo, dal titolo "Et inclinato capite, emisit spiritum" (Gv 19,30). Le pagine evangeliche e il crocifisso di Giotto nel tempio malatestiano, si trova all'interno dell'antologia Il libro aperto e divorato - Bibbia: traduzione e tradizione, cultura e arte, a cura di Guido Benzi con prefazione di Stefano Arduini. L'articolo da cui abbiamo tratto queste poche osservazioni è opera di Marcello Panzanini, bibliotecario presso la nostra sede.

Cogliamo l'occasione per porgere a tutti i nostri affezionati lettori i più sentiti auguri di 

Buona Pasqua

Il servizio al pubblico riaprirà lunedi 29 aprile 2019

martedì 16 aprile 2019

Il Palazzo Arcivescovile di Ferrara


Nel 1994 uscì per i tipi di Gabriele Corbo un bel volume dedicato al Palazzo Arcivescovile di Ferrara. Curato da Carla Di Francesco e Antonio Samaritani, contiene contributi di Werther Angelini, Enrico Peverada, Angela Pampolini, Antonio Samaritani, Lucio Scardino, Carla Di Francesco, Andrea Faoro, Italo Marzola, Francesco Russo.
Riportiamo qualche riga del contributo di Angela Pampolini, invitando quanti volessero approfondire a venire in biblioteca per consultare l'intero volume.


«Ė noto che l'antica sede episcopale di Ferrara rimase nel primitivo insediamento di San Giorgio Transpadano, nell'isola omonima da cui ebbe origine la città, fino al trasferimento della cattedrale nell'area del Borgo nuovo sulla sponda sinistra del Po. 
Prima di trovare sistemazione definitiva di fianco al duomo edificato dal 1135 nel nucleo ancora oggi più animato e vitale del centro urbano, l'abitazione dei vescovi viene temporaneamente ricordata nei pressi della chiesa di Santo Stefano in alcuni documenti (1165-1172) resi noti dallo Scalabrini: 
"Pare dall'antiche scritture che i vescovi di Ferrara avessero un palazzo da S. Stefano sin dal 1170 nel quale viene da alcuni rogiti accennata la di loro permanenza nella persona del vescovo Amato l'anno 1172...". 
Per le epoche successive troviamo che il corpo di fabbrica dell'episcopio si articolava ad angolo tra la via Gorgadello, oggi degli Adelardi, e la strada di Borgo Leone, attuale corso Martiri della Libertà; il prospetto principale era infatti orientato sul sagrato del duomo, quello secondario sulla piazza verso il castello in prossimità della residenza del Visdomino dei Veneziani.
Anteriormente alla ricostruzione settecentesca patrocinata dal cardinale Tommaso Ruffo, che ne cancellò definitivamente le tracce originarie, il palazzo, "un corpo di fabbrica senza imponenza, senza armonia, senza impronta signorile e pubblica maestà", recava sulla facciata principale sopra il portale maggiore con volta a sesto acuto "di mattoni tagliati a uso gotico", un bassorilievo di terracotta policroma raffigurante san Giorgio e il drago, insieme ad una tavola marmorea con distico in lingua latina.»

lunedì 8 aprile 2019

La Fortezza del Papa


Nel 1990 per i tipi di Liberty House esce un'antologia di studi dedicati alla fortificazione voluta dal papa all'indomani della devoluzione della città allo stato pontificio. Contribuirono alla raccolta studiosi di primo piano del tessuto storico ferrarese: Luciano Chiappini, Antonio Samaritani, Lucio Scardino, Laura Guidi, Silvano Ghironi, Giacomo Savioli, Marica Peron.

Leggiamo insieme qualche riga tratta dal contributo di Luciano Chiappini:
«Viene edificata per volontà del papa Clemente VIII Aldobrandini, non appena la Chiesa è reintegrata nel suo possesso di Ferrara. Non di facile interpretazione i presupposti della sua erezione. Sicuro l'intento di una rafforzata difesa da temute sollevazioni interne. Maggiormente accreditabili, tuttavia, le finalità di difesa esterna, nella direzione di Modena, date le non sopite rivendicazioni estensi, da una parte e, dall'altra, nella direzione di Venezia, la nemica tradizionale di Ferrara, sempre intenta a cogliere l'occasione per arrivare oltre Po, così come ad impedire che potenze di un certo rilievo si avvicinino ai suoi confini. Qualche cronista del tempo ipotizzò un fondato timore da parte del Papa nei confronti della nobiltà ferrarese, un'aristocrazia terriera profondamente riottosa, ostile ad ogni accenno d'apertura sociale, se non addirittura culturale in senso lato».


«Per far posto a quest'opera grandiosa che fu la più insigne del nuovo governo, si intervenne su un'area vastissima fitta di case e di monumenti antichi. Sin dal 22 luglio 1598 era stato ordinato a Scipione Gilioli, Giudice dei Savi, di predisporre il piano dei lavori per la nuova fortificazione. Tuttavia tale decisione non ebbe immediato seguito, "essendosi contento esso Pontefice che per allora [sussistendo taluni problemi] s'armassero que' tre baluardi che havea fatti fabricare il Duca Alfonso verso il Borgo di S. Luca e di S. Iacomo"»
Silvano Ghironi, La "spianata", i progettisti e la costruzione della Fortezza di Ferrara.

A chi volesse approfondire l'argomento, oltre che il volume consultabile in biblioteca, consigliamo la lettura della voce ex Fortezza pontificia, nel sito "Ferrara nascosta" dal quale abbiamo tratto la seconda foto, e dell'articolo La Fortezza, XVI secolo ca., nel sito Lorettaweb sulla storia della città.

martedì 2 aprile 2019

L'Oratorio di san Martino e la Confraternita del SS. Sacramento


Si trova alla fine di via Fondobanchetto, poco prima di incrociarsi con via Coperta.
Nella seconda metà del secolo scorso ospitava un'autorimessa.
Leggiamo nelle Memorie istoriche di Giuseppe Antenore Scalabrini:

Nella contigua strada vedesi la Chiesa di San Martino prima antica Parrocchiale, oggidì Oratorio della Compagnia del Santissimo Sagramento, e già fin dell'Anno 1574 eretta nella Chiesa Parrocchiale di San Tommaso, aggregata alla Confraternità della Minerva di Roma l'anno 1512, che veste sacco di tela bianco con cingersi di cordon rosso. Questa come sopra si disse Parrocchiale, era delle ragioni della Badia di San Bartolo de' Monaci di San Benedetto, fuori di Ferrara fin dell'Anno 1300, e prima della Badia di Santa Maria in Aula Regia fin del 954. Fu soppressa in essa la Cura delle Anime dal Card. Carlo Pio vescovo di Ferrara l'anno 1656, dopo la morte del Reverendo Marco Bianchi suo Rettore, per le poche sue rendite, ed alla Parrocchia di San Pietro raccomandata, qual Rettore d'intitola di San Pietro, e San Martino.

Fin qui lo Scalabrini, che scrive nel Settecento. Di poco anteriore l'opera di Carlo Brisighella, che riporta dettagli sulle decorazioni presenti all'epoca:

La Madonna della Concezione, che sotto la prima nave alla destra sopra d'un altare si vede è opera delle migliori di Domenica Mona, il quale dipinse ancora li Misteri del Rosario e gli Evangelisti che ivi intorno si veggono.
All'incontro il S. Martino a cavallo, che divide il mantello col povero è dipinto da Niccolò Roselli. Nel quadro del coro Cesare Croma colorì S. Martino vescovo turonense, e Santa Beatrice Martire.

Abbiamo cercato notizie di queste opere nella ricostruzione dell'"Indice ragionato" del Baruffaldi (ed. Mezzetti-Mattaliano, Ferrara Cassa di Risparmio 1981); purtroppo risultano desolatamente disperse:

Secondo M.A. Guarini, 1621, vi fu sepolto il valente architetto di Papa Paolo III, Giacomo Meleghini. La Concezione della Vergine del Bastarolo completata da Domenico Mona con i quindici Misteri del Rosario, dal Frizzi e dal Barotti attribuita interamente al Mona, il Cittadella la crede del Mona con l'assistenza del Bastarolo, dispersa; San Martino e Santa Beatrice martire dipinto di Cesare Cromer, disperso; i quindici Misteri del Rosario di Domenico Mona a contorno della Concezione del Bastarolo, dispersi; Il Santo Titolare (San Martino) del Parolini sull'altare in sostituzione di quello del Roselli, disperso, San Martino pala d'altare del Roselli, sostituita in seguito da un dipinto di Jacopo Parolini, forse identificabile con il dipinto dello stesso soggetto ugualmente del Roselli che la nota del Boschini a p. 410 del vol. I indica nella sagrestia di San Paolo. Attualmente il dipinto è posto nella cappella del Carmine a destra. G. Frabetti non la considera opera del Roselli ma di Gerolamo d'Alemagna.

In Umbria, un G7 sui temi dell'inclusione e disabilità

  E' in pieno svolgimento in Umbria l'incontro del G7 sul tema " Disabilità e inclusione ". Per l'Italia parlerà Aless...