mercoledì 31 ottobre 2018

Celebrazione solenne di Ognissanti



Nell'augurare a tutti una lieta celebrazione della festa di Tutti i Santi, la Biblioteca comunica che riaprirà al pubblico lunedi 4 novembre, nell'orario consueto

lunedì 29 ottobre 2018

Luciano Chiappini su Girolamo Savonarola ed Ercole I d'Este

(foto tratta dal sito Ferraraitalia che ringraziamo)

Nel 1952 Luciano Chiappini pubblicò un contributo dal titolo Girolamo Savonarola ed Ercole I d'Este. Il saggio uscì su "Atti e Memorie" della Deputazione Provinciale Ferrarese di Storia e Patria, Vol. 7 - Parte 3., Nuova Serie. 

Ne riportiamo un breve estratto:
«I rapporti intercorsi tra Savonarola ed Ercole I d'Este  furono tra i più cordiali e rispettosi. Forse non si conobbero di persona, a meno che ciò non sia avvenuto tra il '79 e l'82, durante il soggiorno ferrarese del frate agli Angeli. La prima notizia che ne ha il duca precede di pochi giorni l'arrivo dei francesi di Carlo VIII a Firenze, è infatti datata 5 novembre 1494, consegnata al duca da Manfredo Manfredi, suo corrispondente a Firenze. Dice che a Firenze è ritenuto santo: non ci vuol altro per Ercole che nella lettera del 13 maggio 1495 al Manfredi chiede di consultare Savonarola sulla situazione d'Italia. Fra Girolamo risponde al Manfredi che rifletterà, riservandosi poi di scrivere direttamente al duca. Forse guardava a Ferrara come a un terreno propizio per la sua predicazione. Anche l'umanista pesarese Pandolfo Collenuccio ne scrive con entusiasmo al duca. Ma i sospetti e le irritazioni ufficiali non si fanno aspettare.
Se il confessore ducale, dice Savonarola, scrive al duca circa il veto sulla predicazione e addirittura la scomunica, forse lo hanno condizionato i frati degli Angeli. Affermazione che ci permette di intravvedere una tendenza ostile o perlomeno fredda e sospettosa dei frati ferraresi che, come appartenenti alla Congregazione lombarda, non potevano non disapprovare la defezione di Savonarola e i suoi seguaci dalla stessa con la conseguente costituzione della Congregazione di san Marco, di cui era stato eletto vicario generale».

L'intero articolo è leggibile presso la nostra sede; ricordiamo ai gentili utenti che è possibile anche richiederne la scansione via mail presso uno dei recapiti indicati.

mercoledì 24 ottobre 2018

Insediamenti eremitici nella Ferrara medievale

(la foto è tratta dal sito Ferrara nascosta che ringraziamo)

«Negli anni dell'affermazione "prematura" della signoria estense nel 1240, quando Azzo VII non è ancora ufficialmente il dominus civitatis, l'eremitismo conventualizzato cittadino mette in moto un processo che coinvolgerà tutte le vecchie e nuove convivenze agostiniane non strettamente regolari in nesso di reciproca interdipendenza, e ciò partirà proprio dalla corte, con Beatrice figlia di Azzo VII.
Dal 1254 al 1257 in particolare le eremite di Beatrice, presto trasformate in benedettine sui generis, passeranno da Santo Stefano della Rotta a Sant'Antonio in Polesine, forse precedentemente agostiniano giambonita e appartenente alla nuova congregazione unitaria agostiniana dal 1256. Di qui gli eremitani agostiniani unificati si trasferiscono al vescovile e capitolare S. Andrea.
Nella zona di Sant'Andrea e nelle vicine di Santa Maria in Vado, San Tommaso, San Vitale rinveniremo ben presto e li riscontreremo fino almeno alla metà del '400 numerosi centri eremitici autonomi e più tardi il nucleo più rilevante delle case per le pinzochere che va a raggrupparsi - loro di estrazione francescana - attorno alle dimore delle oblate e degli oblati agostiniani.
[...]
Il 27 marzo 1254, a santo Stefano della Rotta presso Ferrara Beatrice d'Este, figlia del marchese Azzo VII, insieme a Meleninda da Padova compie la professione religiosa davanti al vescovo Giovanni Quirini, secondo quella regola che al papa fosse piaciuto disporre: subito dopo nel medesimo atto il presule concede loro la chiesa e il luogo della professione, con il benestare del capitolo, compresi tutti i diritti pertinenti a detta chiesa, con facoltà di costruirne altra assieme ad un nuovo claustro. Le suore non contribuiranno al vescovado altro che il censo di una libra di cera all'anno»
A. Samaritani, Conventualizzazioni di eremiti e di pinzocchere a Ferrara tra Medioevo e Umanesimo (metà sec. 13.-metà sec. 15.), estratto da: «Analecta Tertii Ordinis Regulari Sancti Francisci», n. 135, anno 15. (1982).

Il convento di Santo Stefano della Rotta insisteva su un'isola detta di san Lazzaro a motivo della chiesa e del lebbrosario, usato in seguito per ogni tipo di epidemie. L'isola si trovava sul braccio del Po di Volano, ad est della città, nel canale Diversivo tra Quacchio e l'attuale Focomorto.


giovedì 18 ottobre 2018

Marco Zoppo, per ricordare Berenice

Nel marzo 2011 ci lasciava una grande amica del Seminario: Berenice Giovannucci Vigi, storica dell'arte che ha curato volumi sul Museo Diocesano, sulla Porta dei Mesi, sui Corali della Cattedrale, sulla pittura del Seicento. Giovanni Sassu, curatore dei Musei di Arte Antica e del Museo della Cattedrale di Ferrara, la ricordava così: "Chi ha avuto la fortuna di frequentarla, colleghi, allievi, amici o semplici conoscenti, non poteva che rimanere colpito dalla sua straordinaria energia, dalla sua voglia incontenibile di fare, dall'urgenza del condividere le proprie passioni e il suo amore per l'arte" (Un ricordo di Berenice, protagonista silenziosa della vita culturale ferrarese, in: "Ferrara. Voci di una città" n. 34, 2011).


Leggiamo un breve cenno tratto dal suo volume Marco Zoppo e il suo tempo, Bologna, Nuova Alfa 1993:
"Nel 1433, come si deduce da un documento reso noto da I.B. Supino solo nel 1925, Marco Ruggeri, detto Marco Zoppo, nasce a Cento. Dalle nuove fonti oggi disponibili, esaminate dal Samoggia, veniamo a sapere che il padre di Marco, Antonio, era stato creato notaio a Ferrara, aveva esercitato tale professione tra Pieve e Cento, e si era trasferito poi a Bologna" [...]
"Attirato verosimilmente dal nuovo clima artistico, rinnovato rispetto alle tendenze ancora tardogotiche della cultura figurativa padana dalle imprese di Donatello nella basilica del Santo e di Mantegna nella chiesa degli Eremitani, lo Zoppo intorno al 1453 è a Padova. I documenti resi noti dal Lazzarini citano "Marcus Pictor, filius Antoniji Rucerij" tra quanti frequentano la rinomata bottega di Francesco Squarcione, maestro forse più impresario che pittore, famoso per essere a capo di uno "studium" aperto fin dal 1431 a numerosi allievi, tra i quali si troverà anche Mantegna".

Il volume su Marco Zoppo è consultabile in biblioteca alle norme di regolamento.


mercoledì 17 ottobre 2018

La chiesa e il convento di San Paolo dei carmelitani

(immagine tratta da Wikipedia)

Nel 1999 il Bollettino della Ferrariae Decus dedicava una monografia a La chiesa ed il convento di S. Paolo a Ferrara (Cartografica artigiana, 1999). Si tratta di un volume molto approfondito, prezioso per ricostruire la storia della secolare istituzione nelle varie e controverse fasi che ha attraversato.
Leggiamo dal contributo di Laura Graziani Secchieri:
"Il documento più antico che abbiamo individuato è datato 1295 e mostra una piccola chiesa affiancata dalla casa parrocchiale a lato del sagrato, mentre confinava con la torre e le case della famiglia di antica nobiltà dei Leuti presso la via delle Volte, per mezzo del cimitero: un atto del 1392 indica che quest'ultimo si estendeva anche lungo il fianco orientale della pieve. Le fondi bibliografiche tramandano che già dal X secolo la chiesetta di San Paolo sorgeva in prossimità delle principali arterie altomedievali (le vie Grande e delle Volte, appunto) ma, con la sua facciata rivolta a nord, era tutta proiettata verso il cuore economico (la piazza del mercato), religioso (la cattedrale) e politico (il palazzo della Ragione) della Ferrara comunale. Era sotteso, perciò, da un intento di politica urbana il gesto del vescovo Federico che affidava nel 1295 la chiesa parrocchiale di S. Paolo con tutti i suoi beni ai frati della Beata Maria del Monte Carmelo, in sostituzione del Rettore precedente, colpevole di condotta poco rigorosa".
(L. Graziani Secchieri, Le vicende storiche e le trasformazioni architettoniche della chiesa e del complesso conventuale di S. Paolo).
Il volume è custodito presso il fondo locale della Biblioteca, ed è consultabile solo in loco.

lunedì 15 ottobre 2018

Il monastero di San Bernardino

(entrambe le immagini sono tratte da Wikipedia,
questa sopra è un ritaglio dalla pianta di Andrea Bolzoni
)

Il monastero di san Bernardino, oggi perduto, sorgeva tra le vie Giovecca e Mortara. Originariamente sorto come monastero maschile cistercense, era stato poi destinato alla comunità di benedettini di San Bartolo fuori le mura. Iniziata l'Addizione erculea, il duca Ercole I aveva proposto ai monaci di spostare il monastero all'interno della città, offrendo loro l'area di corso Giovecca che noi contemporanei conosciamo per aver ospitato a lungo l'ospedale cittadino.


Riferimenti alla facciata di un nuovo monastero nella Terra Nova per i monaci di San Bartolo sono presenti nell'anonimo Diario ferrarese sotto l'anno 1496. Documenti d'archivio mostrano che già nel 1498 i monaci davano incarico ad artigiani e muratori di iniziare la costruzione sia della chiesa che del monastero. Ma i lavori procedevano a rilento, pare che i monaci non gradissero quella che dovette apparire una vera e propria "deportazione" forzata dalla campagna alla città, così nell'autunno del 1509, quattro anni dopo la morte di Ercole, la nuora Lucrezia acquistò lo stabile per quattromila lire ferraresi e lo trasformò in convento dedicato alla nipote Camilla.
Un cronista dell'epoca riferisce che nel 1510 la duchessa assieme a Camilla condusse un gruppo di ventidue monache del Corpus Domini a San Bernardino; alla loro direzione era stata nominata suor Laura Boiardi, già badessa al Corpus Domini e figura carissima alla stessa Lucrezia.
Riccamente dotato, il monastero disponeva di un'Annunciazione a destra dell'altare, di mano sconosciuta ma attribuita a Dosso, e di una pala d'altare di Scarsellino, oggi alla Pinacoteca di Brera.

Bibliografia essenziale:
A. Bargellesi, Camilla Borgia e il convento di San Bernardino in Ferrara, in: Studi vari, Rovigo 1955
D.Y. Ghirardo, Strutturazione e destrutturazione del Convento di San Bernardino, in: Analecta Pomposiana 27, Ferrara 2003
A.M. Fioravanti Baraldi, Un singolare episodio di committenza femminile a Ferrara: il monastero di San Bernardino, in: Caterina Vigri, la santa e la città, Firenze 2004
A. Tissoni Benvenuti, L'arrivo di Lucrezia a Ferrara, in: Lucrezia Borgia, Firenze 2006

mercoledì 10 ottobre 2018

Ancora sui Gesuiti a Ferrara

(immagine tratta da Il Messaggero, ediz. 27 settembre 2017)
La presenza della Compagnia di Gesù a Ferrara è nodale in quanto si intreccia sia con la vicenda di Renata di Francia, segnatamente con i sospetti di eresia che gravavano su di lei, e che indussero Ercole II a richiedere l'intervento di Claudio Jajo, teologo gesuita del concilio di Trento, come direttore spirituale della moglie (1547)a; sia con l'istituzione della Casa dei catecumeni (1584), al cui programma formativo i gesuiti collaborarono rivestendo un ruolo di primo piano, secondo l'autorevole testimonianza di Daniello Bartoli, certamente il più celebre dei gesuiti ferraresi.
a, nel 1551 Ignazio di Loyola tentò di nuovo la conversione della duchessa, inviando a Ferrara il rettore del collegio romano Jean Pelletier, segno evidente che l'obiettivo non era stato perseguito.

Sul tema, seguiamo ancora Luigi Pepe:
"La storia dei gesuiti a Ferrara ha origini antiche e essenzialmente dinastiche: inizia con il sostegno dato alla Compagnia da Ercole II d'Este, figlio di Lucrezia Borgia e quindi parente di Francesco Borgia. Ercole intervenne anche nel 1540 presso papa Paolo III a favore del riconoscimento canonico della Compagnia. Pochi anni dopo fu Ercole ad aver bisogno dei gesuiti per difendersi dai sospetti di eresia che gravavano sulla sua corte, a causa dell'adesione occulta al calvinismo della moglie Renata di Francia. Egli ottenne che il teologo del Concilio di Trento Claudio Jajo fosse inviato a Ferrara come direttore spirituale nel 1547. Pochi anni dopo nel 1550 arrivava a Ferrara dalla Spagna Francesco Borgia, che dispose, in accordo con mons. Alfondo Rossetti vescovo di Comacchio e poi di Ferrara, la fondazione di un Collegio dei gesuiti a Ferrara. La storia di questi eventi è magistralmente raccontata dal più illustre dei gesuiti ferraresi: Daniello Bartoli.
Ferrara fu devoluta nel 1598 allo Stato pontificio, ma conservò lo Studio e divenne capoluogo della più settentrionale delle Legazioni pontificie, al confine con i territori della Repubblica di Venezia. In conseguenza dell'interdetto e dell'espulsione dei Gesuiti dai territori della Repubblica fu accolto a Ferrara, dove cessò di vivere, il celebre bibliografo della Compagnia Antonio Possevino".
Il contributo, dal titolo I gesuiti a Ferrara e la cultura scientifica, è contenuto nel volume "La presenza in Italia dei gesuiti iberici espulsi. Aspetti religiosi, politici, culturali", a cura di Ugo Baldini Gian Paolo Brizzi, Bologna, Clueb 2010.
Il saggio fa parte del fondo moderno alla collocazione 255.53/PRE BAL ed è accessibile al prestito.

lunedì 8 ottobre 2018

La Biblia española


Il Cinquecento ferrarese è teatro di un'ampia letteratura di traduzione di testi ebraici. In questo contesto culturale si inquadra la Biblia en lengua española traducida palabra por palabra de la verdad Hebrayca por muy excelentes Letrados, vista y examinada por el oficio de la Inquisicion, con Privilegio del Ylustrissimo Señor Duque de Ferrara", la "Bibbia di Ferrara" stampata in città tra il 1551 e il 1553 dai tipografi ebrei Avraham Usque, portoghese conosciuto anche col nome di Duarte Pinel, e Yomtob Atias alias Jerónimo de Vargas, marrano spagnolo. "Si tratta di un'opera di sintesi e di pacificazione tra i maestri ashkenaziti italiani, tale da essere gradita pure ai cristiani attraverso le molte varianti raccolte del testo" (Samaritani, Profilo, v. indicazioni bibliografiche finali). 
La prima edizione era dedicata a doña Gracia Nasi (1510-1569), ebrea portoghese giunta nella nostra città nel 1550; una seconda redazione di poco divergente, "adattata" potremmo dire alla lettura cristiana, fu presentata ad Ercole II e a lui espressamente dedicata.
"In un periodo nel quale l'attesa messianica si era fatta più vivida presso gli ebrei, la traduzione della Bibbia costituiva un auspicio di pace per il popolo, approdato al «placido e sicuro porto di Ferrara», così come richiamava il frontespizio della Biblia. Ben presto tuttavia, nel settembre 1553, l'Inquisizione romana decretò il rogo del Talmud. L'anno dopo, Ferrara venne prescelta a sede del Congresso rabbinico italiano al quale parteciparono rappresentanze di quattordici comunità ebraiche e, pur dopo il decreto pontificio del 1553, il duca Ercole II autorizzava la fondazione di un Istituto di studi ebraici".
Una copia della Biblia española è custodita in città presso la Biblioteca Comunale Ariostea.
Gli inserti sono tratti da:
A. Samaritani, Profilo di storia della spiritualità, pietà e devozione nella Chiesa di Ferrara-Comacchio; vicende, scritti e figure, Reggio Emilia, Diabasis 2004, p. 155.

lunedì 1 ottobre 2018

Gesuiti a Ferrara, la mostra bibliografica del 1998


Esattamente vent'anni fa, dal 15 ottobre al 31 dicembre 1998, presso la sala Ariosto della Biblioteca Comunale Ariostea si tenne la mostra bibliografica I Gesuiti e i loro libri a Ferrara - frontespizi figurati del Seicento, curata da Giuseppe Muscardini e Luigi Pepe. In concomitanza uscì un volumetto prezioso, omonimo, contenente i saggi di Alessandra Chiappini, Giuseppe Muscardini, Giacomo Savioli, Maurizio Villani. Luigi Pepe curò anche questa pubblicazione.
Leggiamo insieme un breve brano dall'intervento del curatore.

"La presenza dei gesuiti a Ferrara si intreccia più volte con la grande storia dai primi fermenti della riforma cattolica che videro il passaggio a Ferrara di Ignazio e la presenza dei suoi compagni Rodriguez e Jay in città, protetti da Vittoria Colonna, agli interventi di Ercole II a favore della nascente Compagnia, alla forzata conversione di Renata di Francia ottenuta da Pelletier, alle vicende della Devoluzione e dell'interdetto di Venezia che portarono a Ferrara Bellarmino e Possevino, allo straordinario fiorire della scienza nel Seicento per merito dei ferraresi Cabeo, Riccioli e Bartoli, ai rifugiati ex-gesuiti a Ferrara (Zorzi, Andres, Monteiro) e al progetto di Enciclopedia Italiana.
Ignazio di Loyola (Iñigo Lopez de Loyola, nato nel 1491 nei Paesi Baschi) fondatore della Compagnia di Gesù, santo per la Chiesa Cattolica dal 1622, era stato un cadetto nobile senza risorse cresciuto con poca istruzione alla corte spagnola. Nel 1521 partecipò alla difesa di Pamplona, rimanendo gravemente ferito. Nella lunga convalescienza ebbe una crisi spirituale e cominciò a professare con fervore la religione. Uno dei suoi primi atti dopo la conversione fu un avventuroso viaggio in Terrasanta (1522) di ritorno dal quale Ignazio passò anche per Ferrara nel 1524."
-continua-

La pubblicazione fa parte del fondo locale ed è consultabile in biblioteca

Aspettando il Giubileo

In occasione del prossimo anno giubilare 2025 sarà possibile raggiungere il centro della cristianità grazie all'iniziativa messa in ca...