giovedì 30 agosto 2018

Ancora sulla peste a Ferrara

(immagini tratte da Wikipedia)

Abbiamo già avuto modo di fornire indicazioni bibliografiche circa le epidemie di peste a Ferrara, segnatamente qui, per quanto riguarda il Quattrocento, e qui sull'epidemia del 1528.
Ma pure la cosiddetta "peste manzoniana" del 1630 fu "attenzionata" dalle istituzioni cittadine. Ne parla Michele Bianco nell'articolo La peste del 1630 nel Ferrarese
"Il 3 novembre 1629 fu pubblicato a Ferrara il primo dei bandi atti a prevenire il propagarsi della peste tra le popolazioni sottoposte all'autorità legatizia; il morbo - la peste di manzoniana memoria - aveva già dato notizia di sè e il bando in questione avvisava, per l'appunto, della sua sicura presenza nel territorio di Lecco, nella Valle di Madrera e in «Luoghi Oltremontani». La storia degli avvenimenti, del susseguirsi d'apprensioni, sospetti di contagio, contagio effettivo, provvedimenti e di ogni altra cosa degna d'interesse fu raccontata, per quanto riguarda Ferrara e la sua Legazione, in un libretto di poche decine di pagine, edito poco tempo appresso quegli avvenimenti, con il titolo di Memorie di quanto s'è fatto per preservazione dalla Peste di Ferrara; lo scopo del libretto, poi ristampato in edizione successiva, altro non era se non quello, lodevole, di rinnovare nella memoria delle generazioni che sarebbero seguite la totalità dei provvedimenti politici, sociali, igienici, sanitari e religiosi che si ritennero aver preservato Ferrara dalla pestilenza che in altre città del settentrione e centro Italia mieté in quell'occasione numerose vittime.


La storia e successiva cronachistica ferrarese su questo argomento è sicuramente debitrice di questa essenziale ma non esclusiva fonte; altri documenti parlano più o meno diffusamente di quei tre anni 1620, 1630, 1631 in cui la peste fece altrove strage. Questo studio è il frutto dell'esame della corrispondenza, inviata da parroci, curati, economi, medici o altri soggetti ancora, che nel corso di alcuni mesi pervenne alla cancelleria del vescovo Magalotti in seguito a sue disposizioni. La finalità prima di questa corrispondenza era essenzialmente di ordine pastorale, ma ciò che ora se ne può ricavare è una documentazione articolata e e variegata, se non anche esatta e puntuale, di ciò che andava accadendo in quei mesi così drammatici". 

L'articolo il questione è contenuto nel n. 15/1990 di Analecta Pomposiana alle pp. 137-143, ed è consultabile in biblioteca alle norme di regolamento.

martedì 28 agosto 2018

Forma fidei


Nel 2005 il Seminario pubblica il quarto volume della collana La Chiesa di Ferrara-Comacchio tra spirito e arte. Il testo, curato dalla prof.ssa Chiara Toschi Cavaliere, ha per titolo Forma fidei. Tracce per una storia dell'arredo sacro e degli apparati liturgici nella Chiesa di Ferrara-Comacchio.
La casa editrice è ancora Diabasis di Reggio Emilia, numerose le prefazioni: ben due vescovi - il volume uscì proprio nei mesi del "cambio della guardia" tra S.Em. il Card. Carlo Caffarra, vescovo uscente in partenza per Bologna, e mons. Paolo Rabitti che arrivava dalla diocesi di San Marino-Montefeltro; l'allora rettore Patrizio Bianchi, i curatori del progetto editoriale Ranieri Varese e Antonio Samaritani, l'economo del Seminario mons. Bisarello.
Ne proponiamo un breve brano, concernente la chiesa delle origini nelle nostre terre.

"Le prime tracce del Sacro sul territorio corrispondono alla fondazione da parte della Chiesa ravennate della basilica e del monastero di Santa Maria in Padovetere (519-521) mentre si crea il primo nucleo paleocristiano tra il mare e il Volano nei pressi della futura Pomposa, anche se la costituzione di una nuova diocesi suffraganea a Voghenza, attestata da Pier Crisologo, risale al 431. Contemporaneamente al sorgere di castra esarcali come Comacchio, Argenta e Ferrara, tra il VI e il VII secolo, crescono i monasteri di Sant'Alberto - tra Ferrara e Ravenna -, di Cella Volana e, appunto, di Pomposa.
I luoghi sacri delle diocesi di Comacchio, di Voghenza prima e di Ferrara poi, sono in gran parte definiti solo dalle dedicazioni santorali, si trattasse di chiese pievali o monastiche: San Mauro e San Cassiano; Santa Maria, San Giorgio, San Martino, Santo Stefano, San Donato, San Salvatore, Santi Gervasio e Protasio, San Michele, San Pietro, San Vitale, San Bartolo.
Nella penuria di testimonianze locali, al di là dei frequenti fenomeni di reimpiego, la coerenza storico-geografica suggerisce di prendere a paragone alcuni fenomeni paralleli, sia in area veneziana che nella zona dell'esarcato ravennate la cui civiltà lasciò una scia duratura lungo la costa adriatica sino all'ampia cesura naturale del delta del Po; fra l'altro gli storici della liturgia indicano un rito ravennate specifico, così come accadeva a Milano e ad Aquileia.
Si suppone, dopo il VI secolo, la diffusa presenza di un altare unico di tipo fisso, lapideo, di sagoma più o meno cubica e di piccole dimensioni, che corrisponde a una posizione del celebrante rivolto ad oriente secondo le abitudini bizantine"

Il volume è consultabile presso la nostra sede in via Fabbri 410, alle condizioni di regolamento.

venerdì 24 agosto 2018

La città di Alcina


Muovendo le ricerche tra idrografia e archeologia dei territori del delta, un bel saggio di Francesco Ceccarelli ripercorre la storia dei cambiamenti morfologici nei territori bassopadani, e insieme dà conto dei tentativi compiuti dalla corte estense di disciplinarli.
"Tra i tanti progetti di regolata crescita dei centri che si sviluppano nelle vicinanze del Po, alcuni risultano ampiamente noti e celebrati, come nel caso esemplare di Sabbioneta, altri emergono solo a stento dagli orizzonti di una storiografia locale di breve respiro, che rischia di sottostimarne il valore e sminuirne la portata. Questo vale anche nel caso delle «novità» architettoniche promosse da Alfonso II d'Este nel ducato di Ferrara, dove il Po si ramifica in delta, e che costituiscono l'oggetto della mia ricerca. Al centro di questo libro è infatti un'idea di città estense e l'analisi del tentativo, solo parzialmente riuscito, di metterla in atto. È la storia di un enorme recinto di «muraglia» e di un palazzo ducale costruito su di un'isola alle foci del fiume e ai confini dello stato, in prossimità di due porti marittimi molto animati e capaci; ma è anche l'analisi di una strategia di sviluppo urbano che ruota attorno a questi dispositivi, ideati allo scopo di padroneggiare i traffici con l'entroterra e di stabilire un nuovo centro di coordinamento territoriale sul continente padano. L'importanza di questo cantiere davvero singolare non era sfuggita ad alcuni attenti osservatori. Ne parla il Tasso, lasciando intravedere le fondamenta di una costruzione molto particolare e l'impalcatura di un teatro di finzioni, mentre alcuni dispacci spionistici di parte veneziana mettono concretamente in luce la portata di un progetto eversivo, da attuarsi per via di inganni."

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Non manca un riferimento a quell'origine mitica di cui già parlammo in un altro post:
"Del mondo anfibio descritto dagli autori classici resistono soltanto pochi brani risparmiati dai vasti rivolgimenti delle forze naturali e dalle modificazioni operate dall'uomo. Tanto che di inalterabile in questa ininterrotta catena di «trasmutazioni» scaturite dalla materia fluviale, pare resistere solo il mito delle origini, riconducibile al racconto di Ovidio dove si narra la storia di Fetonte sbalestrato dal cocchio paterno e inabissatosi nelle acque dell'Heridano. Nell'episodio delle Metamorfosi furono infatti le lacrime versate dalle pietose ninfe Eliadi a prendere dapprima forme vegetali, e quindi tettoniche, trasformandosi infine nelle isole Elettridi"

F. Ceccarelli, La città di Alcina. Architettura e politica alle foci del Po nel tardo Cinquecento,  Bologna, Il Mulino 1998
consultabile in biblioteca alle norme di regolamento

lunedì 20 agosto 2018

Marginalia su san Bernardo di Chiaravalle

(immagine tratta dal sito Anothertry)

Il 20 agosto la Chiesa ricorda san Bernardo di Chiaravalle. Lo facciamo anche noi, con una breve citazione del più ampio contributo pubblicato da don Franco Patruno, apprezzatissimo filosofo e amato presbitero ferrarese, sulla rivista storica Analecta Pomposiana.
"Certamente la riforma di S. Bernardo ha profonde conseguenze anche nella storia dell'arte, in quanto proclama una maggiore essenzialità di forme «funzionale» alla vita del monaco; ma non si può negare che nella critica che muove a Cluny e all'arte che ad essa si ispira, l'accentuazione polemica toglie qualcosa all'intuizione critica; d'altronde lo scritto non vuol essere un trattato di estetica ma un forte richiamo alle esigenze della preghiera e della carità verso i poveri. Su questo piano S. Bernardo, secondo le ricerche storiche, vede bene il pericolo di una crisi non solo del monachesimo, ma di tutto il cristianesimo. 
Il richiamo alla verità nuda del vangelo è quanto mai salutare. Ma non si possono confondere i piani; ciò che aveva determinato lo «stile» Cluny come pure la sontuosità di non poche chiese romaniche era tutt'altro che cupiditas ed amore di superfluitas: ma nasceva da una vera intuizione religiosa tendente a rivalutare l'aspetto antropologico e materico nello «spazio» del culto e della preghiera. Le «metamorfosi» delle figure capitellari sono ben lontante dal richiamare in vita gli aspetti mitologici in se stessi; anzi, questi vengono «compressi» dalla forza di spinte e controspinte nel rapporto tra arco e capitello. Questa compressione esalta la forza trascendente della struttura architettonica, atta a «contenere» i mostri sedimentati nell'inconscio".

F. Patruno, Sugerio e S. Bernardo: una polemica teologica ed estetica. Per una storia dell'estetica benedettina, in: Analecta Pomposiana 6, Ferrara, S.A.T.E. 1981
L'intero articolo è consultabile presso la biblioteca.

venerdì 10 agosto 2018

Breve nota bibliografica su Lucia da Narni

(immagine tratta dal sito Tus Preguntas sobre los Santos)

Lucia Broccadelli è il nome di una giovane terziaria di Narni che il venerdi santo dell'anno 1496, nel monastero domenicano di Viterbo dove si era ritirata per condurre vita religiosa, riceve l'inatteso dono delle stimmate. Diffusasi rapidamente la notizia, Ercole I d'Este si attiva per portarla alla corte di Ferrara, stante il costume diffusosi al tempo nelle corti padane di ospitare le cosiddette "sante vive", sia a fini di promozione dell'immagine che a sostegno devozionale della dinastia e della città. In quest'ottica, i Gonzaga erano notoriamente devoti ad Osanna Andreasi, mistica di corte in strettissimi rapporti con Isabella d'Este moglie di Francesco II Gonzaga; a Brescia troviamo Stefana Quinzani; Colomba da Rieti a Perugia e altre, quasi tutte domenicane e seguaci di Caterina da Siena.
Il trasferimento di Lucia a Ferrara non fu affare da poco, e il bel libro di Antonio Samaritani, cfr. bibliografia, dà conto dei numerosi tentativi del duca di portare la terziaria in città, dal fitto carteggio con i viterbesi, che l'avrebbero voluta trattenere, alle febbrili trattative con i familiari - la madre, segnatamente - passando addirittura per un rocambolesco tentativo di rapimento, goffamente andato a vuoto.
Suor Lucia giunge alfine nella nostra città il 7 maggio 1499, accompagnata da fra' Cristoforo da Viterbo suo confessore e da alcune consorelle. Per lei, il duca dispone l'erezione di un imponente monastero che poteva accogliere il ragguardevole numero di cento suore. Alle viterbesi si affiancarono le domenicane fatte qui confluire dal convento cittadino di Santa Caterina martire, le cui residue tracce sono tuttora identificabili nel portico quattrocentesco di via Roversella. Di questo monastero lo storico locale Luciano Maragna ha recentemente pubblicato la storia e i regesti, cfr. bibliografia.
A fronte di un ingresso tanto eclatante, la vita in città della terziaria fu tutt'altro che semplice, anzi fu quasi interamente funestata dall'estenuante dibattito sulla veridicità delle stimmate.
Alla morte del duca si spense in fretta anche la fama di Lucia, e una sorta di damnatio memoriae andò a colpire la sua stessa biografia: non c'è accordo tra gli storici locali finanche sulla sua data di morte, 1543 secondo il Guarini, l'anno seguente per lo Scalabrini; 1544 anche per Manini Ferranti che però la riferisce al 5 novembre anzichè al 10 come indicato nelle Memorie istoriche. I documenti di archivio concordemente indicano il 15 novembre 1544. 
Il corpo della beata dapprima venerato in cattedrale venne traslato a Narni negli anni Trenta, il suo monastero definitivamente demolito nel 1836. Nessuna lapide in diocesi la ricorda più; a Narni le è intestata la biblioteca diocesana e ogni novembre ne viene celebrato il triduo.

Bibliografia essenziale:
L.A. Gandini, Sulla venuta in Ferrara della beata suor Lucia da Narni del Terzo Ordine di s. Domenico, Modena, Società Tipografica 1901
G. Brugnola, La beata Lucia da Narni del terz'ordine domenicano, Milano, Santa Lega Eucaristica 1935
D. Balboni, Anecdota ferrariensia, vol. 1, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana 1972
G. Zarri, Lucia da Narni e il movimento femminile savonaroliano, in: Girolamo Savonarola da Ferrara all'Europa, Firenze, SISMEL-edizioni del Galluzzo 2001, alle pp. 99-116
M. Folin, Gli oratori estensi nel sistema politico italiano (1440-1505), ibidem pp. 51-83
Ann E. Matter, Le "rivelazioni" of Lucia Brocadelli da Narni, Estratto da: «Archivum Fratrum Praedicatorum», Vol. 71 (2001), Roma, Istituto Storico Domenicano 2001
T. Herzig, The Rise and Fall of a Savonarolan Visionary: Lucia Brocadelli's Contribution to the Piagnone Movement, Estratto da: «Archiv für Reformationsgeschichte», vol. 95 (2004), s.l., Güterloher Verlagshaus 2004
L. Sastre Varas, Fray Jeronimo de Ferrara y el circulo de la beata de Piedrahita, in: La figura de Jeronimo Savonarola o.p. y su influencia en España y Europa, Firenze, SISMEL-edizioni del Galluzzo 2004
A. Samaritani, Lucia da Narni ed Ercole 1. d'Este a Ferrara tra Caterina da Siena, Girolamo Savonarola e i Piagnoni, Ferrara, Cartografica 2006
A. Samaritani, Presenza di Giovanni Bono e dei suoi eremiti (prima metà del sec. 13.) e ricordi di Lucia da Narni in Osanna Andreasi (fine sec. 15.-inizio 16.) tra Mantova e Ferrara, in: Analecta Pomposiana 33, 2008 alle pp. 53-75; Ferrara, Cartografica 2009

tutti gli articoli sono consultabili in biblioteca alle norme di regolamento

lunedì 6 agosto 2018

L'abbazia di Pomposa/2

(immagine tratta dal sito www.storia-arte.eu che ringraziamo)
-riprendiamo dal precedente contributo, lo trovate qui-
Lo zelo pastorale e l'abnegazione di Guido lo inseriscono a pieno titolo nella corrente riformistica del XI secolo, portata avanti dagli imperatori sassoni e da uomini illustri come l'arcivescovo di Ravenna Gebeardo di Eichstatt e san Pier Damiani.
-su Gebeardo e Guido si legge un contributo illuminante nel sito ufficiale del comune di Codigoro-
Nel 1037 la protezione dell'arcivescovo garantì a Pomposa un decreto di concessione patrimoniale da parte dell'imperatore e, il 30 aprile 1042, Guido ottenne per Pomposa altre donazioni da parte dell'arcivescovo durante il sinodo di Ferrara celebrato nella cattedrale di San Giorgio "vecchio" (il transpadano).
Tale fu l'affettuoso rapporto tra l'arcivescovo e l'abbazia diretta da san Guido da essere raffigurato negli affreschi trecenteschi del refettorio attribuiti a Pietro da Rimini nella famosa immagine agiografica della cena miracolosa, quando san Guido trasformò in vino l'acqua contenuta nel bicchiere di Gebeardo.
L'arcivescovo si tratteneva frequentemente e di buon grado a Pomposa, al punto da far pensare ad alcuni storici che, negli ultimi anni della sua vita, si sia fatto monaco qui.
Quando morì, il 16 febbraio 1044, venne sepolto nel capitolo dell'abbazia secondo la tradizione; da qui il feretro venne spostato nella chiesa il 14 giugno 1630, come testimoniato dall'epigrafe sulla sua tomba.
-continua
Bibliografia essenziale:
Mario Salmi, L'abbazia di Pomposa, varie edizioni
Antonio Samaritani, Presenza monastica ed ecclesiale di Pomposa nell'Italia centrosettentrionale. Secoli X-XIV, Ferrara, Corbo 1996
Pio Laghi, San Guido abate di Pomposa, Ferrara, Corbo 2000
Marcello Simoni, Pomposa tra immagine e simbolo; lettura e suggestioni a margine del ciclo biblico trecentesco, Ferrara, Cartografica 2011

In Umbria, un G7 sui temi dell'inclusione e disabilità

  E' in pieno svolgimento in Umbria l'incontro del G7 sul tema " Disabilità e inclusione ". Per l'Italia parlerà Aless...