venerdì 29 gennaio 2021

da "L'ineffabile fraternità"

 


"Sorteggiamo" oggi, per così dire, una piccola perla di umiltà dal carteggio di sorella Maria di Campello con don Primo Mazzolari. Consigliamo caldamente a quanti sono interessati ai percorsi "carsici" della mistica italiana la lettura di questo epistolario, e degli altri scritti di approfondimento su questa affascinante figura del Novecento spirituale italiano.

Eremo, 13-10-1941

«Fratello e amico, è il primo momento di respiro dopo un lungo periodo, in cui malattia (dal 12 settembre) e impegni molteplici e incagli d'ogni specie sono stati il pane quotidiano. Mangeremo pur sempre ormai, e più e più, il pane del dolore, con tutti i nostri fratelli, né altro pane vorremmo; solo osiamo chiedere al Regolatore del tempo e delle vicende umane quell'attimo di respiro, che ci consente la comunione fraterna con i lontani, e con Madre Natura, che ci sostenta, ci purifica e ha pur tanto bisogno della nostra attenzione riverente e appassionata. Voi ben lo sapete. Non potrei dimenticare il vostro giardino».
L'ineffabile fraternità, Sorella Maria di Campello, Primo Mazzolari, ed. Qiqajon - Comunità di Bose 2007, alla p. 114

lunedì 25 gennaio 2021

Il Dio visibile. Riflessioni su cristianesimo e misticismo, di Alan Watts

 

(immagine presa dal portale IBS, che ringraziamo)

Il filosofo inglese Alan Watts è conosciuto perlopiù per i suoi studi di filosofia orientale, sul buddhismo zen e sul tao soprattutto, ma per un tratto della sua non lunga biografia fu anche pastore episcopaliano, e nel 1947 pubblicò Behold the Spirit, giunto in Italia nel 1995 con il titolo Il Dio visibile, ed. Bompiani, traduzione di Andrea Di Gregorio.
Dalla Introduzione abbiamo tratto alcune brevi, interessanti riflessioni
«La verità che la religione, per essere di qualche utilità, debba essere mistica è sempre stata negata da una parte apparentemente ampia di persone, e tra di esse anche da alcuni teologi, che non sanno cosa sia il misticismo. Essi associano il misticismo alla trance estatica, alla vita solitaria dell'eremita, alle concezioni puramente negative di Dio, al mantenere la mente perfettamente vuota per ore e ore, a un modo di ragionare non rigoroso, al panteismo, al disgusto per l'azione e la vita fisica e concreta, ma dimenticano che tutti questi elementi non sono altro che i figli deformi, le aberrazioni della religione mistica e non hanno nulla a che vedere con la sua essenza. La sua essenza consiste nella consapevolezza dell'unione con Dio, e ciò implica certi eccessi di negativismo solo se Dio è pensato come ostile al mondo e non come il suo amorevole creatore. In quasi tutte le Chiese l'insegnamento e la pratica della religione mistica sono e sono stati a lungo ridotti al minimo assoluto. Anche presso le congregazioni più intelligenti, l'insegnamento e la predicazione della Chiesa si esauriscono quasi esclusivamente in una moltitudine di questioni minori che hanno come oggetto i punti meno rilevanti della morale, o, nelle Chiese protestanti più liberali, la politica e alcuni vaghi principi etici. Ci si può spingere oltre e affermare che l'atmosfera e la tendenza complessive della moderna religione della Chiesa colpiscono la mente moderna per il fatto di avere poco o nulla a che vedere con la Realtà che controlla e causa il nostro universo. La scienza ha dato al nostro tempo una visione molto più impressionante di questo universo, e ciò richiede una concezione di Dio di eguale bellezza e splendore, insieme a un modo appropriato di adorarlo»

venerdì 22 gennaio 2021

Le beghine

 


Per chi volesse tentare un approccio anche minimale alle correnti della mistica femminile, imprescindibile è la conoscenza del movimento beghinale, fiorito principalmente - ma non solo - nelle Fiandre attorno alla fine del XII secolo. Ne abbiamo già fatto cenno qui. Segnaliamo oggi il bel libro di Silvana Panciera, Le beghine. Una storia di donne per la libertà, ed. Il Segno dei Gabrielli, Verona 2011 che si avvale della preziosa prefazione di Marco Vannini. Il libro dedica il capitolo 5 ad una "galleria di ritratti", forzatamente cursoria, ma molto utile per conoscere le prime protagoniste di questa pratica di vita.
Leggiamo insieme il ritratto di Hadewijch di Anversa:
«Storicamente resta un enigma. Di lei sappiamo per certo solo il nome, l'origine (il ducato di Brabante), il periodo storico (visse nella prima metà del XIII secolo) e il titolo di beata cui accenna Jan de Leeuwen, cuoco di Ruysbroeck, parlando della sua fama. La sua vasta cultura, l'elevatezza del suo stile e l'uso di immagini cavalleresche autorizzano a supporre la sua origine patrizia, aristocratica. Si presume che abbia frequentato una scuola di arti liberali e che abbia coltivato una notevole educazione teologica. Conosce il latino, come attestano le sue citazioni delle Scritture, e il francese. La sua teologia mistica anticipa di mezzo secolo la teologizzazione "esemplarista" eckhartiana, ("noi ritorniamo da dove veniamo e dobbiamo divenire quaggiù ciò che siamo nell'Essenza"), immersa però grazie a lei nell'aura della mistica nuziale. Legge sicuramente sant'Agostino, san Bernardo e san Guglielmo di Saint-Thierry. [...] 
Tra il 1220 e il 1240 compone 31 lettere, 45 poemi strofici e 16 a rima piatta. Le sue Visioni, le sue Lettere e i suoi Poemi mistici figurano non solo tra le più belle pagine della mistica medievale, ma anche tra le prime opere letterarie fiamminghe, tanto da essere studiate nelle scuole. I suoi scritti sono stati pubblicati per la prima volta tra il 1875 e il 1885».

mercoledì 20 gennaio 2021

L'Anonimo Francofortese

 



Mistico sconosciuto ai più, l'anonimo autore del Libretto della vita perfetta Teologia tedesca, è comunemente indicato come "Anonimo Francofortese", per i catalogatori der Frankfurter.
Della sua vita si sa pochissimo; del Libretto si è occupato Marco Vannini, curandone l'edizione integrale per conto di Newton Compton e annoverando l'autore tra i precursori di Hegel (leggiamo a p. 103 di Mistica e filosofia: «tralasciamo qui il cammino che da Eckhart porta a Hegel. Dovremmo parlare di Suso, della cosiddetta Teologia tedesca, di Boehme, di Silesius, di Oetinger e non solo...». Altrove, p. 145 del medesimo testo, la dice «cara a Schopenhauer»).
Ne leggiamo un breve stralcio, dal cap. 49 "Della volontà propria, e come Lucifero e Adamo siano caduti da Dio per la volontà propria".
«Si dice che nulla vi sia nell'inferno quanto la volontà propria. È vero. Là non c'è altro che la volontà propria. E se non vi fosse volontà propria, non vi sarebbe inferno nè demonio. Quando si dice che il diavolo Lucifero è caduto giù dal cielo e si è rivoltato contro Dio, questo non significa altro che egli volle avere una volontà sua propria, e non essere uno con la volontà eterna».

Bibliografia:
Mistica e filosofia, Marco Vannini, prefazione di Massimo Cacciari, Casale Monferrato (AL), Piemme 1996
Libretto della vita perfetta, Anonimo Francofortese, a c. di Marco Vannini, Roma, Newton Compton 1994

lunedì 18 gennaio 2021

Piera Egidi incontra Adriana Zarri

 

(immagine tratta dal sito Genesi.org che ringraziamo)

Piera Egidi, filosofa, scrittrice e pubblicista, esponente di spicco della cultura valdese è pastora locale emerita. Della sua vasta produzione letteraria, presso la nostra biblioteca è possibile leggere Incontri: identità allo specchio tra fede e ragione, e il primo volume di Voci di donne: oltre il Decennio ecumenico di solidarietà delle chiese con le donne.

Proponiamo qui la sua presentazione di Adriana Zarri, figura peculiare della teologia del Novecento



«Il grande portale della casina medievale immersa nella campagna del Canavese si spalanca su un'aia magica intessuta di trine di brina. La nebbia tutt'intorno, nel sole, e quei colori dei prati, delle bacche, degli alberi, della terra, argentati nella rugiada di dicembre che è divenuta cristallo. Chi mi schiude questo spazio di perfetta bellezza è proprio lei, Adriana Zarri, che è venuta a prendermi con rara gentilezza in auto alla stazione e ha guidato con baldanza per viottoli e glebe a sobbalzi e a buche: è bella, rude, elegante, forte, semplicissima e raffinata, essenziale, scomoda. Il viso perfetto e nudo, intagliato e lievemente dipinto come una statua sacra medievale in legno, è lasciato tutto scoperto fino al collo dai capelli rialzati sulla nuca. E' un viso di quei santi severi e iracondi che non concedono nulla anche quando si offrono tutti: non posso non pensare, guardandola, a quella furia di essenzialità che pervade quel suo bellissimo libro autobiografico che è Erba della mia erba: "Sento il bisogno di semplificare, di ridurre all'essenza: spoglio, nudo, un osso". E se devo immaginarla, la immagino con la frusta che cacciò i mercanti dal tempio: una durezza androgina che smitizza ogni aspettativa melensa di buoni sentimenti, di buone parole, l'asciuttezza di chi si è pervaso del deserto, ha bruciato, o meglio è stato bruciato in ogni suo residuo inutile, poichè si è lasciato avvolgere e appartiene alla Verità».

giovedì 14 gennaio 2021

Cristina Campo sui Padri del deserto

 


La scrittrice bolognese Vittoria Guerrini è nota ai più con lo pseudonimo di Cristina Campo, con il quale firmò una vasta produzione letteraria fatta di poesie, lettere, commenti ai Padri della Chiesa. In questa veste appunto la leggiamo, autrice di una preziosa Introduzione a Detti e fatti dei padri del deserto, libro edito da Rusconi nel lontano 1975.
Così introduce il florilegio:
«I maestri cristiani del deserto fiorirono, esplosero in un attimo che durò tre secoli, dal III al VI dopo Cristo. Da poco Costantino aveva restituito ai cristiani il diritto di esistere, spezzando il dogma di Commodo - Christianoùs me éinai, i cristiani non siano -, e sottratto con dolcezza la giovane religione al terreno meravigliosamente umido del martirio, alla stagionatura incomparabile delle catacombe. Questo significava, evidentemente, consegnarla a quel mortale pericolo che rimase tale per diciotto secoli: l'accordo col mondo. Mentre i cristiani di Alessandria, di Costantinopoli, di Roma, rientravano nella normalità dei giorni e dei diritti, alcuni asceti atterriti da quel possibile accordo, ne uscivano correndo, affondavano nei deserti di Scete e di Nitria, di Palestina e di Siria. Affondavano nel radicale silenzio che solo alcuni loro detti avrebbero solcato, bolidi infuocati in un cielo insondabile. In realtà, la maggior parte di quei detti fu pronunciata per non rivelar nulla, così come la vita di quegli uomini volle essere tutta quanta la vita di «un uomo che non esiste» («si diceva degli Scetioti che se taluno sorprendeva la loro pratica, vale a dire arrivava a conoscerla, essi non la tenevano più per una virtù ma per un peccato»).
I detti e i fatti dei Padri - lógoi kaì erga, verba et dicta - furono raccolti in ogni tempo con estrema pietà perchè, appunto, erano quasi sempre noci durissime, inscalfibili, da portare su di sé tutta la vita, da schiacciare tra i denti, come nelle fiabe, nell'attimo dell'estremo pericolo, e inoltre i Padri rifiutavano per lo più recisamente di scrivere. Furono raccolti in pergamene: greche, copte, armene, siriache. In quelle pergamene non furono perpetuati soltanto gli oracoli e i portenti dei Padri e dei loro discepoli, ma anche quelli di certi incogniti secolari che praticavano segretamente i loro precetti e, nascosti in quelle metropoli che i Padri abominavano, fuorono qualche volta maestri ai loro maestri»

lunedì 11 gennaio 2021

DPCM, ovvero.... Detti dei Padri della Chiesa e Monastici

 

(miniatura dell'XI secolo, tratta dalla pagina Wikipedia ad vocem)

«I discepoli raccontavano dell'abate Bessarione che la sua vita era stata come quella degli uccelli nell'aria, dei pesci, degli animali di terra e che era stato tutto il tempo della sua esistenza in pace e senza preoccupazioni. Non aveva infatti il pensiero di una casa, né la sua anima sembrò che fosse dominata dal desiderio di un luogo in particolare, dall'eccesso di cibo, dal possesso di beni o dall'abitudine ai libri. Era libero in tutto e per tutto dalle passioni del corpo. Nutrito dalla speranza del futuro e fermo nella roccaforte della fede, egli sopportava, come un prigioniero, qualsiasi posto, resistendo al freddo e alla nudità oppure alle ustioni provocate dal calore del sole, stando sempre all'aperto. Si graffiava andando in giro su per le rocce dei deserti e gli piaceva spingersi sovente, come se andasse per mare, in vaste e inabitate regioni di sabbia. Se gli capitava di andare in luoghi più civili, dove i monaci conducono una uguale vita tra di loro, stando in comune, rimaneva fuori dalla porta, piangeva e si lamentava come uno che è stato vittima di un naufragio. E se uno dei fratelli fosse uscito, lo avrebbe trovato nella condizione di un mendico, a sedere, come uno dei poveri del mondo, e fattosigli vicino, gli avrebbe pietosamente detto: "Perchè piangi uomo? Se ti manca qualcosa di necessario a seconda delle nostre possibilità lo potrai avere. Adesso entra dentro, mangia insieme a noi e ristorati". Ma lui avrebbe risposto che non si poteva fermare sotto un tetto, prima di aver trovato i beni della sua casa, dicendo infatti che in modi diversi aveva perduto molte ricchezze: si era imbattuto nei pirati, aveva fatto naufragio, decadendo dal suo alto rango, diventando da nobile, ignobile. E l'altro, dolendosi per un tale racconto, rientrando nella cella, preso un pezzo di pane , glielo avrebbe offerto dicendo "Prendi questo, padre. Il resto te lo concederà Dio, la patria, la nobiltà, le ricchezze di cui tu parli". Ancor più addolorato, stringendo fortemente i denti, avrebbe aggiunto: "Non saprei dire se sarà possibile ritrovare ciò che io cerco dopo averlo perduto. Per adesso sono contento di rischiare ogni giorno la vita, senza avere nessuna tregua nelle mie immense disgrazie. L'unica urgenza, infatti, è che io vada continuamente errando, finchè non avrò finito la corsa"».
tratto da Detti dei Padri del deserto, a cura e con introduzione di Lucio Coco, Casale Monferrato, Piemme 1997, pp. 87-88.

Aspettando il Giubileo

In occasione del prossimo anno giubilare 2025 sarà possibile raggiungere il centro della cristianità grazie all'iniziativa messa in ca...