mercoledì 26 febbraio 2020

Altre epidemie


«Non risulta facile, al giorno d'oggi, immaginare le grosse paure dell'uomo medievale per l'inclemenza di una natura assai poco controllabile, per le frequenti ed inaspettate guerre (fra l'altro incomprese ai più, perchè ritenute funzionali solo al prestigio e al potere dei signori), per le conseguenti carestie a cui si è sopra accennato e, corollario di tutte queste sventure, per quelle malattie epidemiche ritenute incurabili dalla medicina di allora.
Così la peste, in certe annate, falcidiava una popolazione già stremata da mille disagi. Rispetto alla povera gente, i ricchi avevano qualche possibilità in più di sopravvivere al flagello. Potevano infatti permettersi il lusso di abbandonare la città, in cui la densità demografica favoriva il rapido contagio, e rifugiarsi nelle proprie residenze di campagna. Così fece il marchese d'Este nel 1398, a fine giugno, quando si recò a Quartesana dopo avere sciolto il consiglio cittadino e sospeso ogni attività di governo. Gli effetti devastanti di guerra, carestia e peste si fecero sentire pesantemente anche nel 1405 quando, nella primavera, si verificò un miserandum hominum exterminium; in estate, nel rodigino, pare morissero otto uomini su dieci. Nel 1485 nel Ferrarese, all'indomani del conflitto con Venezia, "non se ritrovava contadini per essere parte morti de morbo, et parte stati morti al tempo della guerra proxime passata; et multi et multi lochi abandonati se ritrovavano et erano inselvadegati"


La peste era certamente la più terrribile delle epidemie; ma le condizioni igieniche assai approssimative e la scarsa salubrità del territorio in gran parte ancora paludoso potevano favorire lo sviluppo di mali non meno temibili quali le febbri (terzana e quartana) o i disturbi intestinali (flusso).
All'esplodere delle epidemie i governanti cercavano di prendere provvedimenti atti a scongiurare il contagio. Si proibivano processioni e prediche quaresimali per evitare la concentrazione, in poco spazio, di un gran numero di persone. In tal modo però si impediava alla gente di trovare consolazione nella religione e di pentirsi adeguatamente di quei peccati ritenuti, dagli uomini di chiesa, i veri responsabili di un morbo in cui si ravvisavano i segni della collera divina. Se i signori e i ricchi fuggivano dalla città divenuta pericolosa, nondimeno i responsabili della vita pubblica cercavano di frenare un indiscriminato esodo che avrebbe compromesso inesorabilmente la normale attività produttiva e generato insostenibili problemi di ordine pubblico. Perciò le autorità tendevano a nascodere la gravità della situazione. 
Quando la cosa non era più possibile, invece, pretendevano che i cittadini denunciassero prontamente i casi di contagio al fine di isolare le case infette. A questo punto erano gli stessi cittadini che, temendo di perdere le proprie cose, non rispettavano questi ordini, aggravando per conseguenza la già difficile situazione. Il provvedimento estremo, alla fine, fu quello di concentrare i malati in un luogo sufficientemente lontano ed isolato, e così si adibì la chiesa di Mizzana a lazzaretto».
Roberto Greci, Teresa Bacchi, "Guerre ed epidemie", in Storia illustrata di Ferrara, 1, San Marino AIEP 1987.
I dipinti sono la Danza macabra sulla facciata dell'Oratorio dei Disciplini a Clusone e il Trionfo della morte di Brueghel il Vecchio

Sul lazzaretto di Mizzana approfondimenti qui e qui

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