venerdì 28 dicembre 2018

Epifania al museo!

(foto tratta dal sito Listonemag, che ringraziamo)

Domenica 6 gennaio alcune istituzioni culturali del territorio ferrarese hanno aderito alla proposta L'Epifania nei musei gratuiti Ferraresi. Aderiranno all'evento Casa Romei, la Necropoli romana di Voghenza, l'Abbazia di Pomposa, la Pinacoteca Nazionale di Ferrara, il Museo Nazionale Archeologico di Ferrara.
Una ghiottissima opportunità per chiudere in bellezza la parentesi natalizia, visitando gratuitamente luoghi che spesso trascuriamo nonostante l'immediata accessibilità che offrono.
Info più dettagliate a questo link.

lunedì 24 dicembre 2018

Auguri di Buon Natale



La Biblioteca del seminario arcivescovile dell'Annunciazione augura a tutti voi
BUON NATALE e LIETO ANNO NUOVO
con il Messia di Händel

giovedì 20 dicembre 2018

Sull'iconografia della Trinità




Il volume Padri e figli, catalogo della 15a Mostra Internazionale d'Arte di Illegio, contiene un prezioso contributo di Chiara Guerzi, giovane storica dell'arte ferrarese, dal titolo A margine dell'iconografia del Trono di Grazia tra XIV e XV secolo: qualche esempio di ambito bolognese e ferrarese. Ne leggiamo un brano iniziale, corredandolo con la foto della tavola in oggetto


"Sulla tavola con il Trono di Grazia della Pinacoteca di Ferrara, una delle più famose e commoventi del tardogotico padano, il Dio Padre, ieratico e frontale, seduto su un grande trono marmoreo finemente lavorato e coronato dai tipici fastigi a pigna, regge la croce con il Figlio esanime. Lo sguardo è fisso sullo spettatore. Lo Spirito Santo sotto forma di colomba, oggi identificabile solo grazie a minimi residui della pellicola pittorica, occupava lo spazio tra le teste di protagonisti all'incrocio delle assi della croce: una tra le aree del dipinto che più di tutte ha sofferto per l'attacco di insetti xilofagi, assieme al fondo un tempo dorato. Presente nel museo sin dal momento della sua istituzione nel 1837, vanta una provenienza dal collezionismo ferrarese settecentesco, ma nessun indizio soccorre a stabilire l'ubicazione ab origine di questa pala d'altare di medie dimensioni, che testimonia l'esistenza di un altare dedicato alla Trinità cui il committente, identificato dai due signa entro compasso ai lati del suppedaneo, doveva essere devoto. Alla presenza di questa marca epigrafica iterata, incentrata sulla coesistenza delle due lettere capitali «G» e «Ç» è da imputare la denominazione del pittore che, entro il primo decennio del Quattrocento, assunse l'incarico di tradurre figurativamente il dogma trinitario: il cosiddetto «Maestro G.Z.» (normalizzando in «Z» la C cedigliata che compare in seconda posizione).


La tavola incarna quindi il name-piece del gruppo di opere riferite all'anonimo pittore tardogotico, che oggi si tende ad identificare con il documentato pittore ferrarese Michele di Iacobo Dai Carri; questi, che le fonti dicono artista affermato attorno al 1400 e ancora in vita il 15 febbraio 1440, fu pittore di punta della corte di Nicolò III d'Este (1393-1441), richiestissimo dalle famiglie dello stretto entourage del marchese".

Il resto dell'articolo è consultabile presso la Biblioteca, in via Fabbri 410

venerdì 14 dicembre 2018

La miniatura degli anni d'oro a Ferrara


Nel richiamare l'attenzione sulla installazione multimediale presentata alle Gallerie Estensi, che ci consentirà di "sfogliare" sia pure virtualmente quel capolavoro di miniatura rinascimentale che è la Bibbia di Borso, segnaliamo un prezioso volume consultabile presso la biblioteca, pubblicato in occasione delle Celebrazioni del V centenario della morte di Cosmè Tura ed Ercole de' Roberti. Si tratta de La miniatura a Ferrara dal tempo di Cosmè Tura all'eredità di Ercole de' Roberti, Modena, Panini 1998.
A chiosa della segnalazione, abbiamo scelto l'apertura del contributo di Federica Toniolo, "La Bibbia di Borso d'Este: un'officina a Corte e la sua diaspora".

«Fin dal 1450, anno in cui viene nominato signore di Ferrara, Borso d'Este dimostra un grande interesse e una profonda passione per il libro miniato. Egli si fa carico di portare a termine numerose commissioni iniziate da Leonello e ne avvia di nuove mettendo all'opera miniatori già attivi a corte negli anni precedenti quali Giorgio d'Alemagna, Marco dell'Avogaro e Guglielmo Giraldi. È però solo a partire dal 1455 che Borso, forse in questo volendo emulare il padre Nicolò III che pure si era fanno miniare una Bibbia da Belbello da Pavia, dà avvio a una delle più importanti commissioni artistiche mai eseguite a Ferrara, appunto la splendida Bibbia in due volumi, oggi conservata alla Biblioteca Estense di Modena (Lat. 422 = ms. V.G. 12, Lat. 423 = ms V.G. 13). Il codice, al quale il nome del duca rimarrà per sempre associato, per la ricchezza e la qualità dell'apparato illustrativo e per la portata innovativa del linguaggio stilistico apre un capitolo nuovo della storia dell'illustrazione libraria ferrarese e diviene nel contempo evento importante per lo sviluppo di tutta la miniatura padana del Rinascimento; inoltre restituisce uno spaccato esaustivo della cultura figurativa estense, divenuto preziosissimo data la consistente perdita di affreschi e tavole prodotte a Ferrara nello stesso periodo»

mercoledì 12 dicembre 2018

Calvinismo a corte, l'opzione di Renata

(immagine tratta dal sito Ferrara terra e acqua, che ringraziamo)

«Particolarmente seria fu la situazione che si venne a creare nei domini estensi, dove l'eresia - pur attestata anche nell'ambiente universitario ferrarese - trovò il suo centro propulsore soprattutto nell'entourage di funzionari e collaboratori francesi che circondava la duchessa Renata di Francia, convertita al calvinismo, tanto da trasformare la sua corte (dove «fino li gargioni di stalla» sarebbero stati in grado di parlare «de le cose de Scrittura benissimo») in un punto nodale di riferimento per uomini e gruppi del dissenso religioso italiano, in grado di offrire protezione e rifugio a quanti incappavano nei rigori del Sant'Ufficio, per parte loro ben lieti di ricambiare tale ospitalità - si lamentava nell'ottobre del '48 un vescovo impegnato nella lotta all'eresia - addottrinando «quella duchessa de fina theologia». Lo stesso Calvino, a quanto pare, soggiornò brevemente a Ferrara nel 1536, all'indomani della pubblicazione a Basilea della prima edizione dell'Institutio, l'anno in cui l'arresto di alcuni «luterani ribaldi» servitori della duchessa destava grande scalpore, al punto che Ercole II in persona deplorava che si fosse «divulgato per la cittade che tutta la corte di Madama era piena di heretici». Di essa oltre a numerosi francesi, tra cui Lyon Jamet e Clement Marot che qui lavorò alla sua celebre traduzione dei Salmi, facevano parte l'umanista Fulvio Pellegrino Morato e la figlia Olimpia, poi sposatasi con un medico tedesco addottoratosi nella città estense e con lui esule in Germania nel '48».

Massimo FirpoRiforma protestante ed eresie nell'Italia del Cinquecento, Bari, Laterza 2004. Il volume è consultabile presso la biblioteca, ma pure accessibile al prestito esterno, alle norme di regolamento.

lunedì 10 dicembre 2018

Per le vie del ghetto. Storie e luoghi della comunità di Ferrara

(foto tratta dal profilo Instagram lu_crizia)

Esce in questi giorni la guida "Per le vie del ghetto. Storie e luoghi della comunità di Ferrara", volume curato da Rita Castaldi. A Ferrara, la segregazione forzata nel ghetto entrò in vigore definitivamente solo nel 1627 - relativamente tardi, rispetto ad altre città dell'Emilia Romagna. 

Leggiamo, nel contributo di Fulvio Papouchado reperibile in rete, "Di tanto in tanto le aree destinate agli ebrei venivano ampliate per far fronte al loro aumento numerico ma conservarono sempre il ruolo di separazione dai cristiani, oltre che di salvaguardia dell’identità giudaica e di protezione dagli occasionali assalti della plebe. I “serragli” ospitavano tutte le istituzioni religiose e amministrative necessarie per il prosieguo dell’esistenza comunitaria, quali la macelleria kasher, la sinagoga, la scuola elementare, il forno delle azzime, gli enti di autogoverno e il tribunale rabbinico.
[...]
La cultura ebraica non fu soffocata dalla clausura nel ghetto. Molti ghetti ospitavano le accademie nelle quali era tenuta viva la cultura religiosa esplicitata soprattutto nelle opere esegetiche e di filosofia. La dottrina mistica della qabbalah fiorì nelle strette vie dei ghetti di Ferrara e Modena offendo un’ascetica evasione dall’opprimente clausura attraverso pratiche spirituali di gruppo. Tra i sapienti rabbini che ispiravano queste riunioni citiamo Leon Modena, Isacco Lampronti di Ferrara, Abraham Rovigo di Modena. Questi esponenti di diverse correnti filosofiche arricchirono la vita culturale italiana mediante la diffusione delle loro opere, scritte in italiano o tradotte dall’ebraico, che oltrepassavano le mura del ghetto e influenzavano in parte la cultura cristiana, anche profana. L’umanesimo ferrarese, ad esempio, fu plasmato anche grazie all’apporto di alcuni ebrei, come il poliedrico Abraham Farissol".

Il volume di Rita Castaldi verrà presentato mercoledi 12 dicembre p.v. alle ore 17:30 presso la libreria Sognalibro di via Saraceno dall'architetto Laura Graziani Secchieri e dal rabbino capo della comunità ebraica di Ferrara Rav Luciano Meir Caro.


venerdì 7 dicembre 2018

La Chiesa del Gesù


Don Armando Blanzieri, parroco al Gesù dal 1979, ha pubblicato nel '91 questo elegante volumetto denso di informazioni sulla storia e l'architettura della chiesa di via Borgoleoni. Ne leggiamo la prima pagina, invitando quanti volessero approfondire a farlo presso la Biblioteca; qui gli orari di apertura.

"La Chiesa del Gesù è tra le più belle di Ferrara. Vi pose la prima pietra il 3 novembre 1570 il Cardinale Luigi d'Este, e fu terminata nel 1580. Era Vescovo Alfonso Rossetti e duca di Ferrara Alfonso II d'Este. Fu costruita per i padri della Compagnia di Gesù che si erano stabiliti a Ferrara nel 1551, ancora vivente il fondatore S. Ignazio. Contribuirono alle spese il duca, la moglie Barbara d'Austria, figlia dell'Imperatore Ferdinando I, e Maria Frassoni, vedova di Lanfranco del Gesso, da S. Ignazio ritenuta la «prima fondatrice» dell'opera dei gesuiti a Ferrara. Due lapidi murate nelle lesene a destra e a sinistra dell'Altar maggiore fanno memoria dei coniugi del Gesso. Fu costruita nel luogo dell'Oratorio chiamato «Casa delle zitelle». La Chiesa fu consacrata il 21 novembre 1599 dal vescovo Giovanni Fontana e dedicata, come voleva S. Ignazio, al Nome di Gesù. I documenti pubblicati dal padre P. Pirri dimostrano che il progetto della Chiesa del Gesù è di Giovanni Tristani e non come si è creduto in passato, sulla base delle testimonianze del 1600, di A. Schiatti. Probabilmente lo Schiatti curò l'esecuzione dei lavori e introdusse, forse nella facciata, qualche variante. 
Di stile classico, la Chiesa fu progettata ad un'unica navata con sei cappelle laterali profonde tre metri, poste sotto grandiosi archi impostati su pilastri decorati da lesene doriche. Sull'elegante cornicione che corre per tutto il perimetro della Chiesa posava un soffitto a cassettoni, dipinto dal Bastarolo e dal Dielaì. Sette finestroni rotondi la illuminano dall'alto. Un grandioso quanto maestoso arco immette nel presbiterio e nel coro costruiti in funzione del monumentale Altar maggiore. Sono questi gli elementi originali che rivelano i caratteri peculiari dello stile architettonico del gesuita G. Tristani. Nel XVII sec. la Chiesa subì consistenti trasformazioni che alterarono le severe e schiette linee cinquecentesche".

Armando Blanzieri, La Chiesa del Gesù, ed. Industrie Grafiche, Ferrara 1991

martedì 4 dicembre 2018

La Chiesa ed il Convento della Rosa di Ferrara


(in foto: come si presentavano i resti di Santa Maria della Rosa dopo i bombardamenti. 
Viale Cavour angolo contrada della Rosa, foto presa dal web)

"I Templari, che nel XII secolo avevano in S. Maria di Betlemme a Mizzana il loro principale insediamento, possedevano pure nel borgo di S. Leonardo presso Ferrara una piccola chiesa con annesso ospizio. La chiesa veniva chiamata S. Maria de Templo ed era dedicata alla Natività della Vergine. L'ospizio od ospedale serviva per il ricovero ed il ristoro dei pellegrini che, in quei tempi lontani, si avventuravano in lunghi viaggi, diretti a santuari od a porti d'imbarco per l'oriente. In alcuni testamenti, soprattutto verso la fine del '200, si fa menzione di S. Maria de Templo che potrebbe però identificarsi sia con la chiesa in discorso che con quella di Mizzana. 
A seguito della soppressione dell'ordine, decretata nel 1312 dal papa francese Clemente V, la maggior parte dei beni immobili dei Templari fu trasferita ai Giovanniti o Gerosolimitani e la stessa sorte toccò verosimilmente anche alla chiesa ferrarese di S. Maria del Tempio. Tuttavia la conferma ufficiale di tale passaggio si ebbe soltanto nel 1448 con la Bolla di Nicolò V che sanciva la presa di possesso della chiesa da parte di Avanzo de' Ridolfi, precettore e rettore delle istituzioni giovannite in Ferrara".

Silio Sarpi, "La Chiesa ed il convento della Rosa di Ferrara", in Bollettino della Ferrariae Decus n. 10 1996.

In Umbria, un G7 sui temi dell'inclusione e disabilità

  E' in pieno svolgimento in Umbria l'incontro del G7 sul tema " Disabilità e inclusione ". Per l'Italia parlerà Aless...